Psicoterapia o psicofarmaci?

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Già dagli anni 70, (dove film come “io e Annie” di un allora giovane Woody Allen, segnavano una svolta nell’immaginario comune) viene sdoganata la scelta di intraprendere una psicoterapia senza necessariamente sentirsi irrecuperabili, tanto che nei decenni a seguire quasi una persona su 5, almeno una volta nella vita, racconta di averne fatta una. 

Ed anche in una epoca più recente come la nostra, dove il “tutto e subito” spesso fa optare per soluzioni più veloci ed indolori per gestire la sofferenza, la psicoterapia è e resta una pietra miliare nell’evoluzione coscienziale del cammino interiore di ognuno di noi. 

A sostegno di questa ipotesi, alcune considerazioni.

A mio avviso, gli psicofarmaci (anche se necessari e insostituibili in alcuni casi), spesso vengono usati in modo inappropriato in pericolosi “fai da te” da alcuni pazienti e, mi spiace dirlo, con incauta leggerezza da parte di alcuni professionisti, entrambi i casi con imprevedibili conseguenze e pesanti effetti collaterali.   

Inoltre, i farmaci, lavorano prevalentemente sul sintomo e non sulle cause, cioè a dire che mentre una lettura meramente psichiatrica prende in esame gli aspetti descrittivi del disagio (attraverso la gestione dei sintomi), durante la psicoterapia si lavora sugli aspetti esplicativi del problema (le cause e i processi che lo sottendono). Questo permette una stabilità maggiore nei risultati, che non sono dati da un dosaggio chimico che agisce sul sintomo, ma dalla comprensione attiva di cosa lo ha generato.

Un altro aspetto non da poco è che la psicoterapia necessita di una partecipazione del paziente che, a mio avviso, fa uscire da una passività delegante, per entrare in una modalità “attiva” volta alla guarigione attraverso una collaborazione col terapeuta. 

Uno studio del dr Irvin Kirsch, prof al Department of Psychology all’Università di Hull (GB) e all’Università del Connecticut, sostiene che l’effetto dei farmaci (per più dell’85% dei casi) non dipende da aspetti chimici ma da quello che viene definito effetto placebo e solo nel 15% dei casi, i più gravi, si riscontra una efficacia del principio attivo. 

Kirsch conclude affermando che i dati che emergono dagli studi effettuati negli ultimi anni, dimostrano come la psicoterapia sia più efficace dei farmaci. Nello specifico, i benefici a breve termine sono analoghi a quelli ottenibili con psicofarmaci, ma è soprattutto a lungo termine che gli stessi risultano, in maniera evidente, molto più consistenti e soprattutto stabili. Infatti, se la maggior parte dei pazienti trattati con i farmaci è destinata prima o poi a ricadere nella stessa sintomatologia, l’utilizzo della psicoterapia dimezza tale rischio, soprattutto in caso di depressione.

Quindi, anche se inizialmente la psicoterapia richiede tempi più lunghi e un certo grado di investimento, negli anni seguenti risulta essere più economica, per via della maggiore stabilità dei risultati che vanno ad impattare positivamente sia sull’attività lavorativa del paziente che sull’impegno del sistema sanitario nazionale. 

In conclusione ritengo quindi che una psicoterapia, come base, nella maggior parte delle problematiche di tipo psicologico/psichiatrico, sia di grande aiuto nell’aumentare consapevolezza (delle cause, dei processi di mantenimento e di conseguenza di se stessi) e di grande sostegno anche là dove, per gravità o esigenze particolari del caso, è necessaria un’azione combinata con somministrazione dei farmaci. 

Loredana Vistarini

Psicoterapeuta e Mindfulness Teacher, certificata dal Center for Mindfulness di Jon Kabat-Zinn, opero da anni per la diffusione e la formazione in questo ambito dopo essere stata tra primi professionisti a introdurre la Mindfulness in Italia.

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