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I miei Maestri

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Avevo da poco terminato la mia scuola di specializzazione post laurea per diventare psicoterapeuta ed il mio professore era stato Vittorio Guidano, caposcuola e fondatore del cognitivismo post-razionalista che, attraverso i suoi libri ed il suo pensiero, aveva dato probabilmente, uno dei contributi più significativi allo sviluppo della psicoterapia mondiale e della rivoluzione cognitiva di quegli anni. 

Uomo di immensa cultura, avanti anni luce nell’elaborazione ed integrazione col suo pensiero di testi di autori quali Bruner, Prigogine, Merleau-Ponty, Heidegger, Popper e tanti altri. Solo più tardi negli anni, però, relazionandomi con pazienti e colleghi, mi sono resa conto della grande fortuna avuta nell’incontrarlo, perché nonostante il suo graffiante sarcasmo, che spesso non risparmiava nemmeno noi allievi, (rendendo il percorso di formazione spesso e volentieri molto frustrante) ci aveva regalato una grande acutezza diagnostica ed una sapiente maestria nel gestire il setting terapeutico.

Verso gli inizi degli anni 90, gli interessi verso le cosiddette “discipline alternative”, erano da coltivare con discrezione (soprattutto per coloro che operavano in ambito clinico) per non venir tacciati da simpatizzanti della New Age, cosa altamente disdicevole in alcuni ambiti scientifici. 

Però, nonostante ciò, il mio interesse verso il corpo e le sue potenzialità soprattutto in ambito clinico, (confermate anche dagli studi del neurofisiologo Francisco Varela sulla embodied mind) mi portarono comunque ad interessarmi allo yoga. Ed è qui che incontrai Antonio Nuzzo (uno tra i maestri italiani più accreditati ed allora presidente della Federazione italiana Yoga ISFY) Durante la prima lezione di prova, sapientemente guidata da quel maestro così pacato e attento, ricordo che gli effetti furono talmente profondi e dirompenti, che dissi a me stessa: questa cosa d’ora in poi, farà parte della mia vita! E, dopo qualche anno, iniziai la formazione quadriennale per diventare insegnante yoga (ovviamente in segreto!)

Dallo yoga alla meditazione il passo fu breve, passo anche accelerato nei tempi, da una patologia cronica un po’ invalidante che cominciava ad affacciarsi, dalla quale cercavo di affrancarmi attraverso rimedi e percorsi “diversi” (dato che la medicina ufficiale non era in grado di aiutarmi più di tanto). Era più o meno il ‘95 e qualcuno mi aveva parlato del centro dell’A.Me.Co Per accedervi era necessario un colloquio con l’insegnante guida: il prof. Corrado Pensa. Durante quell’incontro, dopo avermi pazientemente ascoltata, ricordo ancora come fosse ieri, ciò che disse Corrado: vedi, la meditazione non è un farmaco da prendere al bisogno. È un percorso di vita e richiede impegno. Valuta se in questo momento di difficoltà, senti sia la cosa giusta da fare. Valutai… ed ancora oggi benedico il giorno in cui decisi di iniziare.

Ma Corrado (come sempre) aveva ragione. Non fu facile, soprattutto i primi anni. Mille volte mollai, mille volte ricominciai, ma pian piano, in quella “ lotta” un punto fermo dentro di me andava delineandosi ed ogni volta era sempre più stabile. Era un “centro” interiore che progressivamente si espandeva, mi sosteneva e che ritrovavo ad ogni nuovo inizio.

E poi, in modo naturale, non so nemmeno come avvenne, quando smisi di “forzarmi“ a praticare, iniziai realmente a farlo. Ed è così che per anni, nel “gruppo del lunedì” tra arguta ironia, ferma disciplina e profonda umanità, Corrado, proponeva al contempo, concetti profondi e disarmanti verità che, come goccia su pietra carsica, scavavano solchi in me, lavorando su stati d’animo e modi di vedere. E tra il profumo delle risate e parole discrepanti come raffiche di vento in giorni di bonaccia, l’A.Me.Co per me divenne “casa”.. ed ancora oggi lo è.

Continuai per anni a lavorare come psicoterapeuta in ambito clinico e al contempo portavo avanti, quasi fosse realtà parallela, ritiri di meditazione (in alcuni rinomati centri europei come Plum Village e Findhorn , soggiorni negli ashram a Poona, India e percorsi intensivi di vario genere a Pian dei ciliegi quando, nel 2003, in occasione del congresso mondiale della scuola di specializzazione alla quale appartenevo e nella quale ero docente, incontrai Jon Kabat Zinn. Era venuto a fare un seminario sulla mindfulness e, un po’ per dovere di ospitalità (visto che c’erano quattro gatti ad ascoltarlo) e un po’ per curiosità, (ma che sarà sta’ mindfulness) andai. E fu una folgorazione. Quest’uomo aveva unito in uno alcuni dei percorsi più disparati che io avevo fatto nella mia vita… e proponeva da più di 20 anni, quello che avevo tante volte immaginato per i miei pazienti, ma come un sogno irrealizzabile, perché erano mondi diversi con confini, fino ad allora, invalicabili! 

Alla fine del seminario chiesi a Jon se potevo intervistarlo, senza avere uno scopo ben preciso in realtà, (perché l’intervista è ancora sul mio mangianastri di allora) ma di una cosa ero certa: volevo saperne di più!

Una delle poche frasi che ancora risuona in me di quella intervista, è che Jon mi disse, nel modo schietto e diretto che gli è proprio: non credo che in Italia siate pronti per accogliere la Mindfulness. 

In Italia forse no, ma io lo ero eccome! Tutto ad un tratto, avevo capito che tutti gli anni di preparazione con la formazione yoga, il lungo percorso meditativo, le molteplici e più disparate esperienze fatte da curiosa ricercatrice dell’evoluzione animica, la mia formazione scientifica, dovevano portarmi lì… come un disegno già tracciato, del quale ne stavo scoprendo i contorni! E fu così che più o meno un anno dopo, ero in volo per Worcester alla volta del Center for Mindfulness per iniziare la mia formazione come istruttore (non senza la benedizione di Corrado, che mi aveva incaricato di porgere i suoi più affettuosi saluti al suo amico Jon).

Loredana Vistarini

Psicoterapeuta e Mindfulness Teacher, certificata dal Center for Mindfulness di Jon Kabat-Zinn, opero da anni per la diffusione e la formazione in questo ambito dopo essere stata tra primi professionisti a introdurre la Mindfulness in Italia.

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