Multitasking tecnologico: quali sono rischi?

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In Giappone 2 milioni di ragazzi vivono completamente isolati, per scelta, nelle loro stanze ipertecnologiche, collegati h 24 ad un pc. Alla base, bullismo dei compagni, senso di inadeguatezza, paura del confronto con una società che richiede sempre di più perfezione ed efficienza. Il fenomeno  si chiama hikikomori e ormai riveste una dimensione sempre più dilagante per tutti gli adolescenti a livello mondiale. Ma siamo sicuri che questa connessione costante col mondo, primariamente attraverso la tecnologia,  (anche se non necessariamente a livello patologico) non cominci  a risultare preoccupante anche in altre fasce di età?  Il mondo è cambiato, non possiamo farne un mistero  ed è importante adeguarci  a questo capovolgimento, complice anche una pandemia ed un anno di lock down, che hanno modificato le abitudini  e le relazioni umane.

Durante il 2020 abbiamo tutti vissuto una full immersion di  tecnologia che ha rasentato il multitasking: la mattina collegati in smart working o in video call, nella pausa dal lavoro messaggi w-app,  la sera su  instagram, facebook o in chat per rilassarsi un po’. Come variante qualche serie su netflix … e il week end  corsi online di meditazione, ginnastica e quant’altro, per svago o passione. Questa massiccia ascesa della  digitalizzazione, è stata  legittimata da una  imperiosa necessità di problem solving  legato alla sopravvivenza  di tutti noi ed ha ampliato i nostri universi portando soluzioni  e nuove opportunità. Abbiamo potuto restare connessi e scambiare info anche più velocemente di prima e, per sentirci meno soli, abbiamo ampliato la nostra cerchia di conoscenti, cercando una connessione ed un contatto  con “gli amici degli amici” collegati su fb.    

Mi piacerebbe però, analizzare anche il rovescio di questa medaglia e  fare qualche considerazione su cui è importante riflettere.

La creazione di scambi interpersonali nei mondo virtuali,  genera false sicurezze ed relazioni inautentiche   che non possono  e non devono essere confuse con la connessione ricca e nutriente che si ottiene comunicando in presenza con un altro essere umano.

Inoltre, questo esponenziale aumento della tecnologia, sta cambiando il funzionamento del nostro cervello: con un  overload massimale di stimoli distraenti ci troviamo di fronte ad una seria frammentazione della concentrazione e della capacità di memoria; in più la rapidità e il costante bombardamento di informazioni che caratterizzano la comunicazione digitale, attiva il sistema limbico (preposto alla gestione della minaccia-allarme) e disattiva le aree corticali (preposte alla riflessione e all’equilibrio emozionale) con numerose conseguenze nelle modalità di metterci in relazione gli uni con gli altri.     

Ovviamente non abbiamo soluzioni  a breve termine, né possiamo escludere la tecnologia dalle nostre vite, ma prendere coscienza di tutto questo ci aiuta ad  andare un po’ controcorrente (per quel che è possibile) privilegiando il contatto  con i nostri simili, quando le condizioni lo permettono.  Tornare ad una relazione fatta di sguardi oltre che di parole e di silenzi, ci facilita la comprensione del vissuto dell’altro in tutte le sue sfumature; il comunicare attraverso voce, espressioni facciali e  linguaggio non verbale contribuisce a generare empatia e ci permette di “sentirci sentiti” o feel felt (per usare le parole del prof. Daniel Siegel).    

Quindi ben venga la tecnologia se necessaria, ma con riserva, sapendo che il valore aggiunto nelle nostre relazioni, è proprio quella presenza vitale calda ed  energetica che ci contraddistingue come esseri umani.

Dott.ssa Loredana Vistarini

Loredana Vistarini

Psicoterapeuta e Mindfulness Teacher, certificata dal Center for Mindfulness di Jon Kabat-Zinn, opero da anni per la diffusione e la formazione in questo ambito dopo essere stata tra primi professionisti a introdurre la Mindfulness in Italia.

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