Dopo aver affrontato il tema della pazienza, oggi vorrei focalizzare l’attenzione su un aspetto col quale, nostro malgrado, molti di noi si sono dovuti confrontare. Il cambiamento. Certamente, siamo tutti costantemente soggetti ai cambiamenti più disparati: dalle cellule del nostro corpo che si rinnovano, alle relazioni che finiscono, agli interessi che cambiano. Ma il cambiamento di cui vorrei parlare ed al quale mi riferisco, riguarda una modifica repentina, drammatica e talvolta irreversibile della nostra vita.
In questo periodo di lock down, c’è chi si è trovato dall’oggi al domani senza più un lavoro, chi non è più in grado di sostenere economicamente la famiglia perché è entrato in cassa integrazione, chi ha perso un congiunto in pochi giorni senza nemmeno poterlo salutare.
Stravolgimenti di vita di questa portata, talvolta sono così scioccanti da far sviluppare un vero e proprio disturbo post traumatico da stress.
Dall’altra parte del continuum, anche tutti gli altri, quelli “fortunati” che non hanno dovuto vivere sulla propria pelle drammi immensi come quelli che ho appena accennato, si stanno confrontando con un cambiamento più subdolo, che mina alle radici l’illusione di certezze a noi cara: stiamo cambiando per sempre le nostre abitudini su scala mondiale, siamo tutti costantemente sotto minaccia di un nemico invisibile dal quale ci possiamo a malapena difendere.
In sintesi, stiamo cominciando a renderci conto che la vita può cambiare in un attimo e dobbiamo imparare a fare i conti con l’impermanenza e la vulnerabilità.
Entrambe le situazioni, anche se in modo diverso, vanno a mettere a dura prova l’ossatura del nostro sé e la nostra presunta solidità. E c’è chi molla!
Ma la storia testimonia che esistono persone che, indipendentemente dalle prove della vita, hanno sviluppato una “incrollabilità” di fronte agli eventi, che ha permesso loro di resistere. Penso a Mandela, Luther King, Thich Nhat Hanh e a tanti altri.
Ma allora, questa solidità interiore, che alcuni di noi scoprono di avere, rispetto ad altri, e che permette di farsi attraversare dalla tempesta senza andare in pezzi, da cosa è data?
Possiamo immaginare che, indipendentemente da quanto sia dura e dolorosa l’esperienza, esista uno spazio dentro di noi, fatto anche di fiducia, che possa sorreggerci sempre e comunque?
La mia esperienza di psicoterapeuta e di persona, mi porta a sostenere che questa attitudine non dipenda dalle condizioni esterne (per quanto dolorose o terribili esse siano), ma da qualcosa che ci appartiene da sempre e che può essere riconosciuta ed alimentata…
Giovedì offrirò una piccola pratica, proprio per cominciare a muovere i primi passi in questa direzione…