Di fronte a qualcosa di spiacevole o a qualcuno di sgradito è risaputo che la tendenza di ognuno di noi, è quella di mettere in atto una reattività immediata in termini di rifiuto, giudizio o critica di quell’evento/persona/situazione che stanno generando disagio in noi.
Questo però, di solito, non solo non modifica gli eventi, ma spesso resta come un sottofondo latente o manifesto dentro di noi e diventa la base di una catena di stati e comportamenti disfunzionali che generano malattia psichica e fisica.
Allora, è ovvio e naturale che qualcosa ci piaccia e qualcos’altro no, ma questo aspetto imprescindibile della natura umana, non va confuso con la tendenza alla critica o all’azione impulsiva, che spesso inquinano la nostra giornata.
Dunque è possibile passare da una modalità reattiva ad una risposta, senza lasciarsi invadere da un moto interiore di rabbia o da un comportamento che potrebbe diventare nocivo per sé o per gli altri?
Direi proprio di si. Certo è un processo che richiede allenamento e dedizione, ma ho sperimentato personalmente che si può arrivare, attraverso la consapevolezza di ciò che ci accade dentro, a liberarci da automatismi reattivi per creare uno spazio nel quale agire la risposta più funzionale per noi.
In questi casi la mindfulness diventa una via di guarigione, per contrastare questa tendenza e traghettarci vero una vita più sana.
Come? Attraverso 3 qualità attitudinali che possiamo sviluppare: ascolto, accettazione e amore per se stessi
L’ascolto.
Da un po’ di tempo ormai, ogni sera prima di dormire, mi concedo un momento particolare tutto per me. Stesa nel letto, a luce già spenta, ho un appuntamento fisso: quello con l’ascoltare. Questa parola di solito evoca sempre l’immagine di un oggetto o una persona come focus finale: ascoltiamo una musica, un rumore, le parole di un conoscente. In questo caso il “mio ascolto”, prende più la forma di un esercizio di consapevolezza, una sorta di ricettività aperta e contenitiva, che lascia spazio al corpo ed alla mente, di esprimersi liberamente. Non si tratta di un dialogo interiore fatto di parole, ma di una accoglienza incondizionata al mio sentire. E allora può emergere una sensazione in qualche parte del mio corpo, di cui non mi ero accorta prima, una immagine che si fa strada nel buio o la scena di un ricordo… Il segreto è lasciarli fluire, così come arrivano, senza trattenerli, interpretarli o imbastirci sopra chissà quali teorie o giudizi… Questo è il modo del corpo e della mente di parlarci: ci riveleranno di quanto quella arrabbiatura di ieri ancora pesa sullo stomaco contratto; di come quelle parole di una amica ci hanno aperto il cuore o di quella notizia così triste che riaffiora con un groppo alla gola… la possibilità che si porti un ascolto consapevole, permette al corpo/mente/cuore nella sua totalità di raccontarci il suo vissuto, diventando cura e guarigione allo stesso tempo. Basta ascoltarli e ci riveleranno tanti segreti preziosi.
L’accettazione
Le prime volte che cominciai realmente a confrontarmi con l’accettazione fu quando iniziai a fare meditazione. Fino ad allora, il significato di questa parola mi sembrava la conseguenza di una imposizione alla quale bisognava sottostare, proprio malgrado e con remissività; insomma, diciamo che mi era antipatica. E l’effetto non fu tanto migliore quando il mio maestro di meditazione introdusse questo concetto. Solo dopo anni e con molto sforzo, cominciai a capire che al dilà di diatribe e fraintendimenti con matrici religiose e buoniste, questa parola portava in sé dei doni.
Il significato di questo concetto, nei percorsi di consapevolezza, parte innanzitutto da una valutazione realistica degli eventi: guardare le cose così come sono e non le cose per come si vorrebbe che fossero.
Anche la moderna psicologia, considera l’accettazione come parente stretta del cambiamento, proprio perché se non si fa pace con questo primo assunto (e cioè con “ le cose stanno così” ) non saremo mai in grado di procedere verso una modifica ( lì dove è possibile effettuarla) o verso una necessaria convivenza. In tutti e due i casi, il punto di partenza è sempre l’accettazione di ciò che c’è, che fa parte di un processo di guarigione più ampio, che ingloba il nostro corpo e la nostra anima.
L’amore per se stessi
Personalmente ci ho messo molto per capirne il significato. Se ne parla nei libri di psicologia, nei corsi di autoaiuto ed ora anche nei webinar in tutte le salse. Viene indicata come la via, spesso senza però spiegare come imboccarla nè percorrerla: di cosa sto parlando? Dell’amore per se stessi. È proposto come “soluzione” a tante cose e sicuramente lo è … anzi direi che è “LA” soluzione, nel suo significato più profondo.
Ma come è possibile tradurre quella reattività quotidiana e quegli aspetti nevrotici che spesso coabitano in noi da sempre, in atteggiamenti accoglienti e gentili verso la propria persona?
Dopo anni di testi letti a riguardo, scambi di riflessioni, cammini di consapevolezza di tutti i tipi, scoraggiamenti e ripartenze, io credo che l’amore verso se stessi sia il risultato del lavoro interiore di una vita (se basta) che potrebbe tradursi in questi step: creare spazio e ascolto per quello che emerge da dentro: fantasmi, ferite, cicatrici; nutrire una connessione col proprio sentire, che sia del corpo o della mente/cuore; destrutturare ego e personalità di facciata, che spesso sono solo una difesa; praticare quotidianamente l’accettazione profonda di quello che siamo, dentro e fuori. Questo porterà ad una compassione profonda ed infinita verso noi stessi e verso gli altri, come tutti esseri umani impegnati nel lungo cammino verso la luce….e questa sarà solo l’anticamera dell’amore.
Qualcosa da suggerire? Libri, confronti con persone che sono già nel cammino, mindfulness, psicoterapia… e tanta tanta pazienza.
Dott.ssa Loredana Vistarini