Durante la nostra esistenza, è normale e fisiologico avere fluttuazioni dell’umore: i momenti di malinconia e di tristezza sono un aspetto connaturato all’esperienza umana e talvolta sono adattivi, in quanto sono degli indicatori di qualcosa non sta funzionando nella nostra vita e ci spingono a cercare nuovi equilibri.
In genere, di fronte ad eventi negativi, a seconda della intensità e del significato dell’evento vissuto, (anche se in tempi medio lunghi), il soggetto mette in atto le sue personali risorse interiori, si appoggia alla sua rete sociale di supporto e attiva le sue capacità di adattamento.
Quando questo non accade e si sviluppa invece una compromissione del funzionamento relazionale, sociale e lavorativo dell’individuo, allora siamo di fronte ad un episodio clinicamente diagnosticato come depressivo.
Che cos’è la depressione?
La depressione è un disturbo dell’umore dove un prolungato periodo di vita è caratterizzato da pensieri negativi su se stessi e sul proprio futuro, da intensi stati di tristezza e da una tendenza al ritiro sociale e all’isolamento. La sintomatologia (di intensità variabile di caso in caso) di solito è più intensa e presente nelle prime ore della giornata, andando a scemare in serata. Da alcuni studi effettuati, la depressione risulta essere il disturbo psicologico più frequente a livello mondiale e secondo l’OMS, rappresenta una delle principali cause di morte della popolazione. Questa patologia si manifesta nel 25% delle donne e nel 12% degli uomini, anche per motivi educazionali e culturali. Negli uomini tende a manifestarsi di più con abuso di sostanze alcool e droghe.
Le frasi ricorrenti che i pazienti possono riportare in seduta sono:
“Non devo sbagliare!”
“Gli altri mi considerano un perdente..e sono tutti più bravi di me!”
“devo riuscire a fare questo, altrimenti vuol dire che sono un fallito!”
“non riuscirò mai a risolvere questo problema è tutto difficile per me!”
“Non mi considero degno di amore”
Quali sono i sintomi più frequenti?
Alterazione delle funzioni corporee. Nel sonno, si va da una difficoltà ad addormentarsi (talvolta con frequenti risvegli notturni) ad un aumento della durata delle ore di sonno (ipersonnia). Nell’appetito, da inappetenza ad un aumento di assunzione di cibo. Nel desiderio sessuale da una diminuzione delle prestazioni, (sia nella durata che nella frequenza) ad una totale assenza.
Tono dell’umore: da una irritabilità costante ad una tristezza marcata per buona parte della giornata. Spesso coesistono sentimenti di colpa, senso di inadeguatezza, angoscia con manifestazioni di pianto, fino ad ideazioni suicidarie. Talvolta correlati con ansia e preoccupazioni esagerate sul futuro. Amplificazioni degli eventi negativi e minimizzazione dei positivi
Quotidianità: perdita di interesse verso ogni attività della giornata con conseguente rallentamento psicomotorio, sia per quanto riguarda le attività ludiche che quelle lavorative. Il tutto spesso associato a profonda stanchezza fisica e perdita di energie.
Percezione di sé: sensi di colpa, autocritica, temi di autosvalutazione e senso di fallimento; marcato senso di responsabilità personale di fronte ad eventi sfavorevoli;
Rallentamento cognitivo: difficoltà di concentrazione, di capacità decisionali, di attenzione e memoria.
Relazioni: da comportamenti passivi fino ad una tendenza all’isolamento e all’evitamento sociale.
Il quadro clinico depressivo o alcuni di questi sintomi è possibile che si manifestino anche in altri disturbi psicologici. È importante quindi che il professionista sia in grado di effettuare una diagnosi differenziale, per escludere altre patologie che potrebbero assomigliare ad esso, come ad esempio un disturbo bipolare (dove si alternano anche momenti di eccitazione maniacale) o una schizofrenia (dove insieme ai sintomi depressivi potrebbero manifestarsi anche deliri e/o allucinazioni) oppure una demenza (che riguarda anche un deterioramento cognitivo).
Quali sono le cause ?
Esiste una multifattorialità nelle cause che possono innescare un episodio depressivo. Le componenti possono essere biologiche, psicologiche o ambientali, e di solito questi fattori coesistono e si intersecano tra loro.
Gli aspetti biologici riguardano una familiarità, cioè una componente ereditaria, oppure una alterazione dei circuiti serotoninergici e dopaminergici, come anche una sensibilità all’andamento stagionale, comparendo di più in alcuni periodi specifici dell’anno. Questi aspetti, da soli, comunque non bastano a generare un quadro depressivo.
I fattori ambientali che attivano una vulnerabilità alla depressione potrebbero riguardare perdite affettive precoci, educazione familiare o esperienze scolastiche e amicali traumatiche vissute durante l’infanzia. In adultità, questa vulnerabilità può riattivarsi se il soggetto si trova a vivere un abbandono (ad es del partner), la perdita di un lavoro, delle difficoltà economiche importanti, un trasferimento in luoghi con scarsa possibilità relazionale (ad es. altre città) o altri eventi stressanti.
Gli aspetti psicologici sono sempre strettamente interconnessi con gli altri sopradescritti e riguardano l’elaborazione di questi eventi e cioè il modo in cui la persona interpreta gli stessi, attivando risorse interiori oppure invece, mantenendo (attraverso una visione negativa di sé o degli altri) il quadro depressivo innescato dall’episodio.
Quale è l’evoluzione?
Gli aspetti centrali che generando dei circoli viziosi, contribuiscono al perdurare del quadro depressivo, riguardano:
Pensieri negativi e cioè la costante ruminazione su accadimenti, difficoltà, situazioni che mantengono l’attenzione su aspetti negativi della propria realtà, innescando stati emotivi disfunzionali, dai quali il paziente fa fatica ad uscire.
Valutazioni negative su se stessi o sul futuro comprendenti il senso di inadeguatezza, incapacità e non amabilità che si declinano nell’idea che il paziente ha di sè o degli eventi di vita che dovranno essere “affrontati”.
Evitamento che si riferisce alla riduzione degli scambi relazionali e delle normali attività quotidiane, sia lavorative che di svago. Il tutto è retto dall’idea di non essere in grado di farcela a sostenerli e quindi tutto può diventare faticoso o difficile.
Come si cura?
Le ricerche scientifiche attuali indicano, tra le cure più efficaci per la depressione, la psicoterapia cognitivo-comportamentale e il trattamento farmacologico. Anche la mindfulness risulta essere molto efficace soprattutto nella prevenzione delle ricadute, rispetto al solo trattamento farmacologico o psicoterapeutico. Molto consigliati i trattamenti congiunti.
Il mio approccio di psicoterapia e mindfulness congiunti
Il cognitivismo costruttivista, al quale appartengo, oltre ad occuparsi dei meccanismi mentali di mantenimento del problema, lavora nella direzione di aiutare il paziente a comprendere il senso ed il significato dello scompenso in atto, riguardo alla sua storia di vita ed al contesto. Parlando del sintomo quindi, (se è presente) possiamo dire che non va eliminato o corretto, ma è qualcosa che è stato funzionale alla persona per mantenere il suo equilibrio, anche se ha richiesto un alto costo emotivo. Attraverso un cammino di terapia, la persona inizia a comprendere il funzionamento del proprio sé, impara a riconoscere la sua struttura di personalità e pian piano prova a costruire modalità alternative, più funzionali. In questa ottica lo scompenso ed i sintomi ad esso collegati, scompaiono nella misura in cui si raggiunge una maggiore consapevolezza di sé e delle proprie potenzialità.
Per aumentare e dare concretezza a una consapevolezza che troppo spesso resta solo sul piano cognitivo, quando è il caso e quando il paziente è pronto, propongo alcuni approfondimenti teorico/esperienziali attraverso momenti di mindfulness individuale, a seconda del problema presentato, quindi diversi da caso a caso. Così facendo, la mindfulness va ad ampliare una base esperienziale attraverso la quale la persona comincia a riconoscere stati emotivi e attivazioni corporee legate ai sintomi, imparando a gestirli autonomamente. Inoltre, l’integrazione della mindfulness con un percorso di psicoterapia, permette al paziente di modificare il suo approccio con la problematica presentata, aiutandolo in un processo di disidentificazione senza cadere in una modalità reattiva e rifiutante.
Quando è il caso (sempre a seconda del problema presentato), integro il lavoro con esercizi di EFT (Emotional Freedom Techniques) o con alcuni bilanciamenti Psych-k per lavorare sulla mente subconscia.
Dott.ssa Loredana Vistarini